Art. 39.
(Permessi).

      1. Il magistrato di sorveglianza può concedere ai condannati e agli internati, nel caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente degli stessi, un permesso per recarsi a visitare l'infermo, con le cautele previste dal regolamento. Agli imputati il permesso è

 

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concesso, fino alla sentenza di primo grado, dalle medesime autorità giudiziarie, competenti ai sensi del comma 1 dell'articolo 15, a disporre il trasferimento in luoghi esterni di cura. Durante il procedimento di appello provvede il presidente del collegio e, nel corso di quello di cassazione, il presidente dell'organo collegiale presso il quale si è svolto il procedimento di appello.
      2. Permessi analoghi a quelli previsti dal comma 1 possono essere concessi per eventi familiari di particolare rilevanza che riguardino detenuti o internati.
      3. Il detenuto che non rientra in istituto allo scadere del permesso senza giustificato motivo, se l'assenza si protrae per oltre tre ore e per non più di dodici, è punito in via disciplinare; se l'assenza si protrae per un tempo maggiore, è punibile ai sensi del primo comma dello articolo 385 del codice penale; se l'evaso si costituisce entro tre giorni dalla scadenza del permesso, è punito con la reclusione fino a tre mesi; se si costituisce entro dieci giorni, è punito con la reclusione fino a sei mesi; infine, si applica la disposizione dell'ultimo comma del citato articolo 385.
      4. L'internato che rientra in istituto dopo almeno tre ore dalla scadenza del permesso senza giustificato motivo è punito in via disciplinare.
      5. La ricorrenza di un motivo che giustifica il ritardo nel rientro dal permesso è valutata dal giudice che ha concesso il permesso.